zoo de roma | By : heidiesse Category: Italian > Originals Views: 771 -:- Recommendations : 0 -:- Currently Reading : 0 |
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[5] "una scritta mecca sulla felpa in tinta col berretto,
baratta il mio rispetto con il tuo giacchetto."
lungo l’affilata superficie seghettata, della lucida lama d’acciaio, vidi impresso il mio volto deturpato da profondi cerchi concentrici, solcati in tutte le macabre gradazioni del viola, circondarmi, raccapriccianti, le orbite scolpite dai lividi durante quella domenica pomeriggio di reclusione tra le ribollenti mura domestiche, senza pasti e senza acqua, con un machete stretto in una mano ed una sigaretta spenta che sfuggiva nell’altra. lisa si era presentata senza preavviso alla mia porta, in una tanto paradossale quanto reale parodia di uno spettro nel giorno di ognissanti. tutto un fremito, dall’incredibilmente cadaverico pallore, con tanto di croste infette che le delimitavano, turpi, bocca ed occhi impastati dal crack. sospettai si fosse beccata la scabbia. nuovamente in cerca di roba, ma ridotta molto peggio del nostro primo incontro, mi riempì tempestivamente il pugno con sbiadite banconote da cinquanta, non appena l’uscio che ci separava si spalancò crepitante. io mi rigirai pensieroso, tra le abili dita asciutte, quei numerosi frammentini ruvidi, rammentando, con un pizzico di fastidio, la fulminea marchetta che le avevo scorso fare attraverso lo stretto spiraglio polveroso della plasticosa tapparella distrutta, prima di esortarla incisivo ad entrare, avvertendo gli sferzanti pneumatici sportivi, della pregiata bmw berlinese, sterzare bruscamente lungo la granulosa ghiaia in cortile. colate di tintinnanti catenine d’oro massiccio, incrostate da sporco e sudore, presero a scontrarsi fragorose tra loro, producendo lo stridente e metallico frastuono che caratterizzava l’inconfondibile presenza di pinto all’interno dell’ambiente. scortato da uno tra i suoi più rozzi e spietati magnaccia, celò gelosamente gli innumerevoli monili alla vista attraverso l’ampio scollo della sudicia camicetta di lino ingiallita, prima di abbandonarsi appesantito sulla scricchiolante imbottitura muffita dello sfondato sofà a fiori, fresco di furto, accingendosi a tagliuzzare tranquillamente bamba sporca con la sua visa rubata. adocchiai l’indecifrabile espressione contorta, che corrucciava lo snello volto di lisa, riflettersi alterata lungo la scura superficie incrinata dei costosi ray ban inforcati dal magnaccia, mentre la percepivo farsi improvvisamente minuscola accanto a me, addossando lo scarso peso del proprio scheletrico corpo contro la mia ossuta spalla intorpidita. coccolai pinto a dovere, riuscendo, così, a barattare con lui un abbondante pugno di stupefacenti per la mia insaziabile scorta, in cambio di pregiato rum d’annata e puzzolenti sigari d’importazione cubana. dopodichè, gonfiai ulteriormente il suo patetico ego ridendo ad un paio di stupide battute immorali, prima di troncare drasticamente la conversazione, congedandolo con un appuntamento per il mese successivo, come d’abitudine. solo una volta allontanati i due imponenti figuri, lisa non esitò a scattare in piedi come una molla, strappandomi bruscamente dalle mani un misero quartino di stagnola spappolata. io non potei evitare di arrampicarmi, con il mio sguardo ingordo, lungo le sue magre cosce scoperte quasi fossero due meravigliosi tronchi segnati da evidenti ematomi anneriti, le quali spuntavano procaci da sotto il minuscolo fazzoletto di lucida stoffa scura che le avvolgeva tenace gli spigolosi fianchi sporgenti, mentre lei biascicava al nulla sprezzanti ingiurie rivolte all’ombra del pappa, ormai troppo distante per udirla.
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