zoo de roma | By : heidiesse Category: Italian > Originals Views: 771 -:- Recommendations : 0 -:- Currently Reading : 0 |
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[4] "fette biscottate spalmate di merda e cazzate."
la pesante manata che g mi affondò di sorpresa, sulla magra schiena sudata, risuonò fragorosa nella piazza, mozzandomi il fiato per qualche breve secondo. poi mi voltai e gliela restituii due volte più forte. lui mi occhieggiò compiaciuto, massaggiandosi dolorante le vertebre, constatò che non mi ero rammollito durante la sua assenza. con le tasche piacevolmente rigonfie di banconote fruscianti, potei finalmente permettermi di gustare un’invitante pizza margherita, dopo interminabili giorni di dura magra, e di offrirne volentieri una anche al mio affamato accompagnatore. l’esperienza in carcere doveva averlo parecchio provato, eppure le sue strette pupille scure brillavano di gioia consunta, alla mia vista. non aveva esitato a spararsi un quartino in vena. l’intenso e speziato aroma di basilico e pomodoro fresco mi inebriava più di quello esalato dalle alteranti nubi di fumo candido, caratteristiche di quei particolari ed elaborati narghilé arabi. mentre attendevo che la morbida e filamentosa mozzarella ingerita si facesse lentamente strada lungo il mio esofago, appurai che mario non aveva più alcunché di cui corrucciarsi. “nun te dico dove m’hanno guardato queji stronzi, durante a perquisizione” proruppe g, servendosi di una scarna risata per mascherare l’umiliazione che in realtà riaffiorava quel ricordo. “nello stesso posto in cui vorresti ispezionare quella fichetta là” lo stuzzicai io di rimando, osservandolo infilarsi pensieroso una minuscola oliva al dito indice, ed occhieggiare languido il voluminoso sedere proteso dinanzi a sé, strizzato in uno scialbo paio di jeans eccessivamente attillati, che non lasciavano pressoché alcuno spazio all’immaginazione. un sorriso avido fece breccia sul solcato volto del mio interlocutore. io lo ricambiai complice, non avendo alcun motivo di lamentela. l’addetta alla cassa era appetibile tanto quanto la cameriera.
° ° °
appartati tra gli arbusti di una buia ed incolta selva erbosa, la sua appiccicaticcia bocca a cuore, infangata dalla nauseante fragranza alla pesca del lucidalabbra, prese ad assaporare sdolcinata il mio alito al rum, imbrattandomi le gengive con quel rivoltante sapore da teenager troppo cresciuta. non si trattava di una fuga d’amore. glielo lasciai intendere sollevando con un solo colpo l’insulso abito da due miseri soldi, che la faceva assomigliare ad un ridicolo insaccato da supermarket di periferia, nel quale si era strizzata, cosicché i suoi grossi e mollicci seni balzassero, penzolando inerti, di fuori ed io potei rozzamente appiccicarci le mani sopra, spremendoli quasi fossero due enormi limoni rosa. non indossava neanche le mutande, la troia. senza perdere ulteriore tempo mi accinsi a sbracarmi, abbassando fugacemente lo sguardo verso il mio pacco, già inumidito, mi liberai frettoloso dal compromettente ingombro dei calzoni per poi rialzare tempestivo il capo, imbattendomi nel suo paffuto faccione da bimba, che mi scrutava da sotto il mio naso rotto, attraverso la fitta oscurità della notte. avvertii il familiare fermento e l’uccello indurito dolermi, alchè bestemmiai tutti i santi e i diavoli del cielo e dell’inferno, conficcando rapidamente nel fango lo sporco viso dinanzi a me, prima che fosse troppo tardi. scivolai fervido tra le sue cosce flaccide, svuotando veleno all’interno di quell’utero secco, mi concedetti di affondare ancora un paio di potenti ceffoni sulla superficie grassoccia del suo fondoschiena nudo, scuotendole violentemente la carne, mi assicurai di procurarle più dolore possibile.
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