zoo de roma | By : heidiesse Category: Italian > Originals Views: 771 -:- Recommendations : 0 -:- Currently Reading : 0 |
Disclaimer: This is a work of fiction. Any resemblance of characters to person(s) living or dead, is purely coincidental. The author holds exclusive rights to the work. |
[3] "c’avessi un milione di euro, ma con mezzo pure
mischierei la droga all’acqua che esce dalle tubature."
alle quattro e un quarto il tizio non si era ancora fatto vivo, così mi accinsi a ciondolare per un po’ con aria persa nei dintorni, approfittando dell’inaspettatamente fruttuosa situazione, per poter racimolare qualche altro fortuito cliente. solitamente non lavoravo mai in quella zona di roma, ritenuta per pregiudizi e credenze troppo fighetta, così non ero al corrente di un giro dello spaccio. strategicamente appostato all’angolo della strada, mi balenò alla mente un brutto presentimento riguardante il piccolo bastardo bramoso d’erba di quella mattina. in seguito mi confortai abbastanza rapidamente, constatando di avere un paio di vie di fuga più che sicure alla mia portata, nel caso in cui quell’incontro si fosse rivelato come la messa in atto di uno sporco agente in borghese con l’intento di fottermi, servendosi delle sue mentite spoglie. mentre il vento mi schiaffeggiava il viso e gli occhi mi si arrossavano di congiuntivite, addocchiai un paio di pischelli, poco più distanti da me, armeggiare incauti con sigarette, accendini, spinelli e quant’altro. mi feci più vicino a loro, passeggiando con malcelata indifferenza, e buttando di tanto in tanto qualche disinteressata occhiata alle circostanti vetrine, in modo da dissimulare al meglio le mie reali intenzioni. eppure, non appena sostai accanto al gruppetto in questione, quelli si affrettarono a far sparire tutto il loro armamentario in un battibaleno. dal canto mio, mi limitai ad affondare pesantemente le mani nelle profonde tasche dei jeans, rivolgendo i gomiti all’infuori, e lasciando in bella vista le trombosi delle mie vene tutte incartigliate. non notarono alcuno di tali particolari. gravitavano tutti intorno ai quindici/sedici anni. scorsi il terrore nelle loro pupille strette non appena dischiusi le labbra per parlare. erano dei paurosi ed insicuri mocciosi che avevano deciso di giocare con qualcosa di molto pericoloso, ma io stavo svolgendo solo il mio lavoro, perché non lasciarli continuare? “volete roba?” mormorai con il mio marcato accento romano e le vibranti corde vocali rovinate dall’eccessivo fumo. quelli sospirarono tutti di sollievo mentre rollavo loro un paio di canne. me ne accesi una anche io, nel frattempo, ascoltandoli blaterare di esperienze sessuali finite male e liti a casa interminabili. alla prima scarsa tirata un’irrefrenabile conato di vomito mi assalii, facendomi istantaneamente ricordare il persistente digiuno al quale ero, mio malgrado, sottoposto durante i giorni presenti e passati. mollai tempestivo i bimbi e le loro chiacchiere, precipitandomi spedito verso l’enorme scatolone dei servizi pubblici, intravedibile in lontananza. nonostante la corsa, non riuscii comunque a frenare il mio stomaco prima di aver raggiunto la meta, fui quindi costretto a fermarmi per rigettare acida schiuma incolore in un cestino dell’immondizia. in bagno, poi, ci andai lo stesso per sciacquarmi le mani imbrattate di sporco. durante quel breve tragitto una tizia completamente distrutta mi venne incontro. afferrandomi saldamente le spalle, mi pregò disperata di offrirle un buco a credito. io, colto alla sprovvista, rimasi ammutolito per un paio di secondi, non davo mai roba a credito. “seguendo i tuoi spostamenti ho capito subito cosa stavi facendo” aggiunse per tentare di convincermi. come incentivo mi offrii anche un pacchetto di sigarette. io la osservai attentamente, mentre tremava da capo a piedi in piena rota, il suo viso così esile e armonioso mi fissava con occhi enormi, privi di iride, solo la pupilla nera e profonda. il vento le spettinava la frangetta corvina ed il caschetto floscio le avvolgeva morboso il collo, mentre le sue carnose labbra screpolate si aprivano e richiudevano ripetutamente, in cerca di umido. rimanevano comunque secche, perché non aveva saliva in bocca. gliene avrei data volentieri un po’ della mia. mi limitai ad annuire con espressione ebete a quella bellissima aliena, poi la accompagnai furtivamente in bagno ed attesi un paio di minuti, affinché lei si facesse la sua pera. una volta uscita sembrava essersi tramutata in tutt’altra persona. i lineamenti del suo volto erano sempre gli stessi, ma ora sembravano aver acquisito un’aria fiera e spavalda che prima non possedevano affatto. mi ringraziò ancora un paio di volte, assicurandomi di ripagarmi quella dose il più presto possibile. io, di rimando, le risposi che avrei bazzicato più spesso nei dintorni, lasciandole anche il mio indirizzo di casa, per ogni evenienza. quando, infine, la salutai mi rivolse un affascinante sorriso, che immediatamente fraintesi. lisa, si chiamava. nell'aria aleggiava, stagnante, l'intenso odore d’amianto emanato delle periferiche palazzine romane in disuso, il tizio del tribunale minorile mi corse incontro, ansante, non appena mi scorse.
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